L’evento “Rivoluzione” è un momento di denuncia dei drammi dell’umanità auto provocati dall’uomo accecato dall’egoismo e dalla sete di potere. Il concetto è narrato da trentasei tele bianche che interpretano la parola “pace” e da un bidone diventato mastello contenente una melma rossastra, rigirata con un grosso bastone dai visitatori.
Il titolo dà un’idea del sogno che nel tempo ha mosso i popoli che chiedevano d’esistere e che è diventato spesso incubo e tomba dove è seppellito con la giustizia e la fiducia nell’avvenire. Ora non bastano le solite parole che hanno animato gli ideali, troppo spesso crollati il giorno dopo… quel giorno che doveva essere della pace, a giustificare la partecipazione a rivoluzioni vuote come le tele bianche che sperano d’essere colorate da un’ispirazione felice.
Le tele bianche, dove neanche un artista ha voluto dipingere, si animano dalla parola “pace” presagendo venti di dolore. Dolore per un lavoro che manca, per la giustizia che non vede applicati i suoi principi, per la libertà condizionata dai poteri, per gli animi feriti nella speranza: l’oggi è triste, il domani appare minaccioso.
Nel mastello, interprete della terra, si avvertono i fermenti della ribellione contro i soprusi e i gioghi che hanno privato le persone della dignità del lavoro, della libertà, dell’uguaglianza: miraggi infranti che, spesso, hanno precipitato interi paesi in climi medievali. Le mani tengono ben fermo il bastone del potere che nel rimestare forma bolle e grumi minacciosi che si gonfiano sino a esplodere in rivolta incontrollata, essendo venuta a mancare la speranza di cambiamento. È il mastello, vecchio bidone arrugginito e sporco, che nei segni del tempo racconta tristemente di dura fatica mai ricompensata adeguatamente e di sfruttamento doloroso.
Il bastone, sporcato dall’egoismo e dall’arroganza, racconta dei potenti diventati prepotenti senza scrupolo che non si curano delle istanze di quel popolo fiducioso che li ha scelti.
Un’installazione e una performance che servono a Luigi De Giovanni per raccontare della povera gente che, pur avendo vissuto la rivoluzione, non conta nulla nella scacchiera di quei pochi potenti che ne decidono, “rimestando” di continuo nel mastello del mondo, le sorti.
Il gesto partirà da un grande bidone, riempito di un denso liquido rosso scuro, situato al centro dello studio con dentro il bastone che servirà a rimestare: l’azione verrà fatta dai visitatori e le poche persone, che riusciranno a usare il “bastone” del potere, rimestando simboleggeranno i potenti che incuranti dei diritti dei poveri, si spartiscono le ricchezze sino a ridurre interi popoli alla fame. Nel pavimento, ricoperto da polveri bianche schizzate di rosso vermiglio e da ombre di colore tetro, si avvertiranno le tracce di rivoluzione anche osservando l’implorazione delle trentasei piccole tele (cm 20×20 ciascuna) che esalteranno la forza delle idee di pace che, purtroppo, svaporano in violenza che si diffonde coinvolgendo sempre più persone del popolo perse nel vuoto: un vuoto che porta molto spesso “dalla padella nella brace”.